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Risiera di San Sabba
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Il complesso di edifici nasce, dal nome, come una risiera nei dintorni di San Sabba alla fine dell’ottocento. Con l’occupazione nazista venne inizialmente utilizzata come campo di prigionia per i militari della resistenza italiana, successivamente venne convertito a campo di transito per i prigionieri destinati ai campi in Germania e in Polonia e anche all’eliminazione di partigiani, ebrei e politici.
All’interno degli edifici sono presenti i laboratori di sartoria dove lavoravano i prigionieri, famose sono anche 17 piccole celle nelle quali venivano obbligati addirittura fino a sei prigionieri, destinati principalmente ai detenuti condannati a morte la cui esecuzione era prevista a distanza di settimane.
Un’altra stanza degna di nota è la cosiddetta “cella della morte” dove venivano portati i prigionieri destinati ad una morte immediata.
Nella primavera del 1944 i nazisti trasformarono l’impianto di essiccatoio in un forno crematorio capace di eliminare una quantità più ingente di cadaveri, che venne avviato la prima volta il 4 aprile dello stesso anno per cremare 70 cadaveri di prigionieri fucilati il giorno prima nel poligono di tiro di Opicina. Il forno venne poi fatto esplodere dai tedeschi in fuga tra il 29 e il 30 aprile del 1945 per cercare di eliminare quante più tracce possibili della disumanità a cui avevano preso parte. Si stima che il numero di persone che hanno perso la vita in questo campo sia da 3 ai 5 mila.
Durante il processo conclusosi nel 1976 molti degli
imputati erano già morti per mano dei Partigiani
o per cause naturai, August Dietrich Allers, il
comandante del reparto, è morto a marzo del 1975,
Joseph Oberhauser, comandante della Risiera, è
rimasto a Monaco e lo stato italiano non ha potuto
chiedere l’estradizione.
Nel 1965 la Risiera di San Sabba è stato dichiarato Monumento Nazionale con un decreto del Presidente della Repubblica, mentre nel 1975 il complesso è stato ristrutturato ed è diventato un museo.