colorimetria
logo
unnamed
associazione futura memoria

facebook
instagram
whatsapp
associazione futura memoria
associazione futura memoria
logo futura memoria (1)

ASSOCIAZIONE FUTURA MEMORIA

PIAZZA F. MATTEUCCI 11 - 50013 

CAMPI B.ZIO (FI)

CODICE FISCALE 94218760489

info@afmemoria.it

viaggi@afmemoria.it

055 0106732

I conflitti della II Guerra Mondiale

 

L’invasione della Polonia

Il 1° settembre 1939 iniziò l’invasione della Polonia. Alle 04:26 tre Ju 87 bombardarono un ponte sulla Vistola per chiudere la via d’accesso ai tedeschi. Alle 04:40 fu bombardata la città polacca di Wielun, poco dopo la nave da battaglia tedesca Schleswig-Holstein attaccò il deposito di munizioni nella fortezza di Westerplatte. Alle 04:45 le artiglierie e gli aerei si scagliarono contro i loro obiettivi. A nord c’era una nebbia molto fitta che limitò i danni delle prime incursioni, a sud i bombardamenti aerei danneggiarono le linee ferroviarie ostacolando il trasporto dei soldati.  La 3a armata tedesca avanzò da nord verso Varsavia e in direzione sud-ovest con lo scopo di unirsi al XIX corpo corazzato e la Panzer-Division “Kempf” che avanzavano da ovest; Danzica fu occupata dalla brigata Eberhard composta da Waffen-SS e l’appoggio di milizia locale filo-nazista. A sud l’8a armata avanzò verso Lodz a accerchiare le forze polacche e a proteggere il fianco della 10a armata che puntava verso Varsavia, la 14a si dirigeva a Cracovia, il meteo favorì gli attacchi aerei. Le forze polacche non avevano linee di difesa mobili o progressive e furono superate dai carri armati e circondate dalla fanteria. La resistenza polacca a Mokra riuscì a respingere per tutta la giornata gli attacchi della 4a divisione corazzata e della fanteria tedesca. Il 2 settembre i tedeschi chiusero due divisioni di fanteria e una brigata di cavalleria della Pomerania nella tenaglia a base del corridoio, ci furono circa 15.00 prigionieri. Le forze polacche quindi indietreggiarono verso Varsavia, e le loro difese anticarro avevano bloccato l’attacco della divisione Kempf che comunque il 3 settembre riuscì a conquistare Mlawa. A sud gli attacchi proseguirono velocemente conquistando un ponte sul fiume Warte. A Varsavia il comando dell’esercito polacco si ritrovò tagliato fuori dalle linee di comunicazione con le armate che stavano ripiegando l’avanzata tedesca. Il 3 settembre cominciò con l’ultimatum della Gran Bretagna alla Germania in cui si intimava di ritirare le truppe dalla Polonia entro due ore, in caso contrario la Gran Bretagna sarebbe entrata in guerra, anche la Francia consegnò il proprio ultimatum con scadenza per il giorno successivo, ma l’entrata in guerra fu anticipata alle 17:00 del giorno stesso. Con le due potenze occidentali ufficialmente in guerra le 33 divisioni del Heeresgruppe C completarono il loro schieramento alle frontiere con Belgio e Olanda. Alle 21:00 il sommergibile tedesco U-30 affondò la nave britannica SS Athenia provocando la morte di 112 persone di cui 28 cittadini statunitensi suscitando l’indignazione del governo USA.  L’8 settembre la 4a divisione corazzata raggiunse il limite del distretto di Varsavia, ma venne fermata dall’artiglieria e i carri armati polacchi costringendo la divisione ad aspettare l’arrivo dell’artiglieria. Il maresciallo Smigly-Rydz autorizza un attacco contro la 30a divisione di fanteria tedesca per 3 giorni. Il 10 settembre ordinò la ritirata e il 12 settembre le forze rimanenti tentarono di dirigersi verso Varsavia per creare una linea difensiva.  Nei giorni successivi l’esercito polacco accerchiato dai tedeschi a Bzura tentò di spezzare l’anello, la Luftwaffe bombardò le truppe intrappolate costantemente, gli assalti tedeschi finirono il 18 settembre quando i superstiti polacchi si rassegnarono. Intanto a Varsavia tre divisioni tedesche avanzavano nei quartieri di periferia a ovest, il 12 settembre la 3a armata sfondò le linee difensive a nord; la cavalleria polacca tentò un ultimo assalto contro i panzer, venendo quasi completamente annientata, chi rimase andò verso l’interno della città per aumentare il numero di soldati, tuttavia i tedeschi avevano già accerchiato la città. Il 16 settembre fu data la possibilità di resa a Varsavia, che venne respinta. Hitler dette quindi ordine di conquistare la città con tutte le forze possibili. Il 17 settembre il generale Walther von Brauchitsch proclamò la fine della campagna di Polonia a operazioni ancora in corso. L’esercito polacco si vide lottare contro due fronti, a causa dell’attacco sovietico iniziato l’11 settembre. I giorni successivi le forze tedesche attaccarono Varsavia con nove divisioni, bombardamenti aerei e un intenso fuoco di sbarramento, il 20 settembre l’esercito entrò a Praga ma fu respinto dalla resistenza e dai civili. Il 22 Hitler ordinò un attacco da ovest costringendo i profughi ad andare nel territorio sovietico. Il 25 settembre i tedeschi entrarono a Mokotow e Praga, il giorno dopo il generale polacco chiese di negoziare la resa, richiesta rifiutata dai tedeschi. Il 27 settembre iniziarono le trattative della resa di Varsavia, i combattimenti cessarono e il 28 settembre 1939 fu firmata la definitiva capitolazione della capitale con l’ingresso delle truppe tedesche in città.

 

Il massacro di Katyn’

Il 19 settembre 1939 il Commissario di Primo Grado della Sicurezza dello Stato, Berija, ordinò l’apertura dei campi di detenzione per i prigionieri polacchi. Dal 3 aprile al 19 maggio 1940 furono assassinati circa 22000 prigionieri di guerra, si salvarono solo in 395. Tra i campi di detenzione c’era quello di Kozelsk (cittadina russa situata a sud ovest di Mosca) i cui prigionieri furono portati apposta nella foresta di Katyn’ nella contea di Smolensk (situato a ovest più vicino al confine con la Bielorussia) per essere eliminati. I trasporti iniziarono solo dopo aver schedato ogni soldato, i dossier venivano esaminati dalla troika, i campi avevano l’obbligo di mandare i documenti entro il 16 marzo, dalle liste si sarebbero decise le varie condanne e il trasferimento era sotto il controllo del Dipartimento centrale per i prigionieri di guerra (sotto l’NKVD). Le informazioni dettagliate che abbiamo sulle uccisioni ci sono fornite dall’ex capo del consiglio del distretto dell’NKVD di Kalinin, Dmitrij S. Tokarev, che riferì che le uccisioni duravano tutta la notte. Il 4 aprile ci fu il primo trasporto, 390 persone, e i carnefici non riuscirono a concludere le esecuzioni in una sola notte. I trasporti successivi contavano tra le 50 e 250 persone, gli ultimi due 25 e 33. Le esecuzioni venivano eseguite con pistole Walther PPK e l’utilizzo di armi tedesche sarebbe servito a attribuire il massacro ai tedeschi. Le esecuzioni erano studiate nel dettaglio: verificavano i dati anagrafici del condannato, che poi veniva portato in una cella isolata dove gli sparavano immediatamente sulla nuca confondendo il rumore dello sparo con macchine rumorose, si presuppone fossero ventilatori, il corpo veniva poi trasportato su un camion e poi buttato in una fossa. A Smolensk la procedura invece era differente: i prigionieri erano portati direttamente alle fosse e venivano uccisi con un colpo di pistola. Il massacro non fu scoperto fino all’aprile del 1943, nonostante i generali polacchi chiesero informazioni sui loro ufficiali a Stalin che rispose evasivamente suggerendo una presunta fuga in Manciuria. Quando la Wehrmacht, aiutati dagli abitanti del luogo, scoprì le fosse comuni con oltre 4000 corpi di ufficiali polacchi vi trovarono un’ottima maniera per dividere l’URSS dalle forze alleate. Il 13 aprile 1943 annunciarono alla Radio Berlino il ritrovamento della fossa, ma gli Alleati ne erano già a conoscenza avendo captato e decifrato le loro trasmissioni radio, i sovietici negarono le accuse dicendo che i prigionieri erano impiegati in costruzioni a ovest di Smolensk e che fossero stati giustiziati nell’agosto del ‘41 dalle unità tedesche. Però sia le investigazioni tedesche che quelle della Croce Rossa Internazionale sui cadaveri confermarono la morte all’inizio del 1940 quando ancora il territorio era sovietico, senza però riuscire a spiegarsi i proiettili tedeschi nei corpi. In seguito alle richieste di investigazione sulle responsabilità del massacro Radio Mosca annunciò il 23 aprile 1943 la decisione di rompere le relazioni diplomatiche con il governo polacco a Londra accusandolo di collaborare con la Germania nazista. 

 

La Strana Guerra

Nonostante le dichiarazioni di guerra nel settembre del 1939 nel fronte occidentale non ci furono scontri significativi, questo arresto terminò bruscamente nel maggio del 1940 con la campagna di Francia. Mentre la maggior parte dell’esercito tedesco affrontava la Polonia una piccola divisione si schierò lungo la Linea Maginot; dall'altra parte le truppe francesi e britanniche li fronteggiano, ma non ci furono che contrasti locali. Le prime truppe canadesi arrivarono in Gran Bretagna, ma l'Europa Occidentale rimase calma per sette mesi. Nel frattempo le nazioni avversarie si scontrarono nella campagna di Norvegia. Cercando di armarsi al meglio sia Francia che Inghilterra avevano acquistato le armi dagli USA, che nonostante fossero neutrali, aiutarono gli Alleati con sconti e prestiti sull’equipaggiamento e scorte. I tentativi tedeschi di fermare il commercio transatlantico diedero il via alla Seconda battaglia dell’Atlantico. Di solito la strana guerra si considera conclusa con l’attacco della Germania nazista a Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo, il 10 maggio 1940. 

 

La Guerra d’Inverno e Campagna di Norvegia

Durante la strana guerra ci fu la Guerra d’inverno che vide Finlandia e URSS contro. Il 30 novembre 1939 l’esercito sovietico assaltò la Finlandia, l’opinione pubblica di Francia e Inghilterra si schierò con la Finlandia essendo questa democratica, la Germania invece era a favore dell’Unione Sovietica ed impedì ogni aiuto alla Finlandia, compreso quello italiano. L’unione Sovietica fu quindi esclusa dalla Società delle Nazioni. Le discussioni che si aprirono poi su una possibile spedizione Alleata in Scandinavia e l’incidente della Altmark del 16 febbraio 1940 (l’abbordaggio del cacciatorpediniere britannico della petroliera tedesca Altmark che aveva a bordo circa 300 prigionieri nelle acque norvegesi allora neutrale) allarmarono la Kriegsmarine (marina militare tedesca) che decise di occupare militarmente la Norvegia. L’occupazione tedesca iniziò il 9 aprile, la Royal Navy era nelle vicinanze di Narvik e il 10 aprile ci fu la battaglia di Narvik che causò l’affondamento di due cacciatorpediniere tedesche e due britanniche. Il 15 e 16 aprile le truppe alleate sbarcarono in Norvegia ma nel giro di due settimane il paese era già sotto il controllo tedesco e le truppe dovettero ritirarsi.

 

La Campagna di Francia

Dopo le vittorie a est la Germania nazista avrebbe impiegato tutte le forze in occidente. Inizialmente il Fall Gelb prevedeva l’invasione del Belgio, forse i Paesi Bassi e poi a sud lungo la Manica fino alla Normandia e poi Parigi, un incidente di percorso costrinse Hitler a rivedere i propri piani. Il nuovo piano tedesco vedeva le truppe corazzate attraversare il Lussemburgo e investire la Mosa sfondando così le difese francesi nelle Foreste delle Ardenne, ritenute dal comando francese inagibili per i corazzati, e da lì spingersi a Boulogne e Calais sulla Manic, accerchiando le forze alleate schierate tra Francia e Belgio. Nel nuovo piano rimanevano forti diffidenze per quanto riguardava problemi logistici e difensivi, in quanto si temeva per l’approvvigionamento di armi e carburante delle truppe d’assalto e per l’esposizione dei fianchi dei corazzati a possibili attacchi. La Wehrmacht impiegò tre gruppi di armate: il Gruppo A con 45 divisioni di cui 7 corazzate, il gruppo B con 29 divisioni di cui 3 corazzate e il Gruppo C con 19 divisioni. L’ultimo gruppo era in posizione difensiva sulla Linea Maginot, l’offensiva principale fu lanciata dal Gruppo A attraverso le Ardenne con l’appoggio del Gruppo B che nel frattempo invadeva Belgio e Paesi Bassi. Dall’altra parte c’erano 100 divisioni francesi, 15 belghe e 10 olandesi, il vantaggio numerico non servì a tanto: la nuova dottrina bellica tedesca mirava a trovare il punto focale su cui travolgere l’avversario. I francesi rimasero sopraffatti dalla violenza e dalla rapidità dell’attacco non avendo compreso appieno le capacità delle nuove Panzerdivision. Inoltre era impossibile per gli alleati battere la potenza aerea tedesca, i francesi avevano mezzi trascurati e antiquati e le forze britanniche erano troppo poche per poter influire sulle operazioni. Il 10 maggio dei paracadutisti vennero paracadutati sui principali ponti sulla Mosa, a Rotterdam e nella fortezza belga di Eben-Emael occupando così i punti chiave e facilitando l’avanzata del Gruppo B. Così facendo gli Alleati mandarono forze armate a nord pensando a una rielaborazione del piano Schlieffen (usato già nel 1905) favorendo solo l’avanzata tedesca. La Luftwaffe ebbe facilmente la meglio sulle forze aeree anglo-francesi, nel contempo i paracadutisti vennero impiegati in modo massiccio a Rotterdam dove fronteggiarono il contrattacco di due divisioni olandesi. Gli scontri produssero la morte e la cattura di circa 1745 Fallschirmjager, di cui 1200 furono condotti in Inghilterra. I Paesi Bassi considerata la minaccia di pesanti bombardamenti si arresero il 15 maggio; in Belgio la fortezza di Eben-Emel fu presa in 30 ore. Alle 05:35 del 10 maggio la XII Armata e il Panzergruppe K sfondarono la difesa francese, il 12 i panzer raggiunsero la Mosa, nonostante i francesi avessero fatto saltare tutti i ponti i reparti di genieri e granatieri attraversarono il fiume e prepararono il passaggio per i corazzati. Il 14 maggio due battaglioni francesi corazzati attaccarono le forze tedesche ma vennero respinti dai primi panzer che avevano attraversato il fiume. La battaglia in Francia fu affrontata dai tedeschi con la stessa tecnica usata in Polonia: accerchiare il nemico in modo veloce e strategico con l’aiuto di forze meccaniche che porta poi al collasso operativo dei nemici, ma ad ogni modo i Panzerkorps non avrebbero dovuto causare il collasso da soli, ma avrebbero dovuto aspettare la fanteria. Il giorno 16 sia Guderian che Rommel disobbedirono agli ordini e spinsero all’attacco le loro divisioni il più rapidamente possibile.  I Panzerkorps a questo punto si trovavano in una posizione molto vulnerabile essendosi spinti così avanti soffrivano la mancanza di carburante e pezzi di ricambio. L’armata francese si stava ancora riprendendo dallo shock dell’attacco. Il 15 maggio il Presidente del Consiglio francese chiamò Churchill per dirgli che avevano perso, il primo ministro inglese volò a Parigi il giorno successivo rendendosi conto della situazione, chiedendo informazioni ai generali francesi ci si rese conto che le armate francesi erano in netta minoranza rispetto quelle tedesche. Il 18 maggio Rommel costrinse i francesi a cedere Cambrai fingendo un attacco corazzato. Il 20 i Panzerkorps occuparono Amiens e presero il controllo del ponte più a ovest sul Somme. Il 21 maggio un distaccamento della BEF (British Expeditionary Force) tentò di ritardare l’offensiva tedesca, risultando nella Battaglia di Arras che riuscì a allentare le forze tedesche e permise di dispiegare più unità a sud di Parigi per difenderla. Il 22 fanteria e carri francesi attaccarono da sud e da est di Arras, ma furono fermati dalla 32 Infanterie-Division. Anche i tentativi seguenti di riconquistare le città prese dai tedeschi fallirono. Il 23 maggio John Gort ordinò la ritirata da Arras non fidandosi del piano francese, quel giorno la II Divisione Panzer attacco Boulogne e la X Calais. La prima città resse fino al 25 maggio, la seconda cade in mano tedesca il 27. Il 24 maggio Hitler ordinò l’arresto dei panzer, dando il tempo alle forze alleate di rafforzarsi e ritirarsi a Dunkerque, il 26 maggio vedendo le difese rafforzarsi e l’inizio dell’evacuazione il comando tedesco diede il via alle divisioni corazzate. Accerchiati i britannici lanciarono l’operazione Dynamo e Ariel, evacuarono le forze Alleate dalla sacca in Belgio e nel Pas-de-Calais, il Belgio si arrese il 28 maggio. Il 10 giugno l’Italia dichiarò guerra a Francia e Gran Bretagna e si concentrarono alla frontiera con la Francia con 22 divisioni e grosse forze di riserva nella pianura padana. Tra il 12 e il 13 giugno i bombardieri italiani si mossero verso la Francia meridionale, Tunisia e Corsica, colpirono Saint-Raphael, Hyères, Biserta Calvi, Bastia e la base navale di Tolone. tra il 21 e il 24 giugno occuparono una fascia di territorio francese. L’offensiva comprese tutte le Alpi occidentali e le truppe italiane occuparono Mentone. Il 5 giugno i tedeschi rinforzarono la loro offensiva e un attacco su Parigi spezzò le difese poste dal generale francese, il 14 giugno le truppe tedesche entrarono a Parigi e il 17 il maresciallo Pétain chiese la resa. I combattimenti continuarono fino al 22 giugno con la stipulazione dell’armistizio di Compiègne, Parigi e la Francia settentrionale divenne territorio occupato tedesco, nella Francia centro-meridionale Pétain diede vita al Governo Vichy.

 

Battaglia d'Inghilterra

La prima fase della battaglia d’Inghilterra ha inizio il 10 luglio e si svolge sulla Manica. Le battaglie al largo favorivano i tedeschi perché le loro scorte erano sempre maggiori rispetto a quelle inglesi. Questi primi scontri servirono ad entrambi per carpire informazioni e indicare quali aerei, il Defiant per gli inglesi e il Bf 110 della Luftwaffe, fossero inadatti agli scontri manovrati che ci sarebbero stati in seguito. Il 12 agosto iniziò la seconda fase, degli aerei dell’unità speciale di caccia -bombardieri tedeschi attaccarono quattro stazioni radar, tre tornarono operative in 6 ore, l’Aldertag continuò con una serie di attacchi contro gli aeroporti sulla costa usati dalla RAF per i caccia, durante la settimana gli attacchi si estesero anche all'interno. Il 15 agosto fu il “grande giorno” in cui la Luftwaffe lanciò il maggior numero di incursioni di tutta la campagna, ed è anche il giorno in cui la Luftflotte 5 attaccando l'Inghilterra settentrionale si trovò impreparata risultando in un gran numero di bombardieri attaccanti abbattuti, dopo questa sconfitta la Luftflotte 5 non partecipa più alla battaglia. Il 18 agosto fu il “giorno più duro”, entrambi gli schieramenti subirono il massimo numero di perdite, segnò la fine dell’utilizzo del Junker Ju 87 Stuka e la privazione del principale strumento di bombardamento di precisione per la Luftwaffe. Dal 24 agosto inizia la terza fase della battaglia, e la più dura: si vede un feroce combattimento tra la Luftflotte 2 e l’11° Gruppo. I tedeschi si concentrarono a annientare il Comando Caccia, dei 33 attacchi 24 erano diretti a aeroporti. La RAF era in una situazione disperata, oltre gli attacchi agli aeroporti stavano subendo anche grosse perdite in aria, la settimana successiva alla Adlertag avevano perso circa l’80% dei comandanti di squadriglia, tra morti, feriti e chi si ritirava. I piloti faticavano a colmare le perdite e il periodo di addestramento prebellico fu ridotto da 6 mesi a 15 giorni, il vantaggio che avevano gli inglesi era quello di combattere in un territorio amico mentre i tedeschi se si lanciavano sull'Inghilterra venivano catturati e se cadevano nella Manica voleva dire morire affogati e congelati. La situazione rifornimento per la Luftwaffe era più grave, rimanevano in maggioranza numerica ma il rimpiazzo era lento. Il 4 settembre Hitler tolse il divieto di bombardare Londra e il 7 settembre iniziarono gli attacchi sulla capitale, gli obiettivi a volte erano le installazioni portuali (bersagli militari legittimi) mentre altre volte si trattavano di bombardamenti indiscriminati. La RAF aveva forze nettamente superiori rispetto le aspettative tedesche. L’aspetto più negativo di questa strategia tedesca era la lontananza dalle proprie basi. Il 19 settembre vista l’impossibilità di battere la RAF Hitler rinviò a tempo indeterminato l'operazione Leone Marino (l’invasione dell’Inghilterra) ma la battaglia d’Inghilterra non terminò, gli attacchi aerei sporadici continuarono fino alla fine dell’anno.  La battaglia d’Inghilterra fu una vittoria per i britannici, fu il primo fallimento di Hitler e cambiò radicalmente l’opinione pubblica statunitense che serbava dei dubbi sulle capacità inglesi di resistere alla Germania ancora a lungo.

 

Nel Nord Africa

La campagna del Nordafrica fu combattuta nel Nord Africa, in Egitto, Libia, Tunisia, Algeria e Marocco, con gli italiani e tedeschi da una parte, e gli Alleati dall'altra, tra il 1940 e il 1943. Il Regio Esercito, in Libia, forte numericamente ma non sufficientemente equipaggiato, diede inizio alla campagna nell'estate 1940 entrando in Egitto ma nel dicembre seguente le forze britanniche passarono alla controffensiva sconfiggendo l'esercito italiano e occupando l'intera Cirenaica. Adolf Hitler nel marzo 1941 inviò l’Afrikakorps guidato dal generale Erwin Rommel. Da quel momento le Panzer-Division svolsero un ruolo decisivo nella campagna per le forze dell'Asse; nella primavera 1941 il generale Rommel passò all'attacco e riconquistò la Cirenaica tranne Tobruk; dopo altri successi, le forze italo-tedesche furono sconfitte quell'inverno nell’ operazione Crusader, e si ritirarono fino al confine della Tripolitania. All'inizio del 1942, la situazione nel Mediterraneo tornò a volgersi a favore delle forze dell'Asse. La neutralizzazione di Malta aveva alleggerito la pressione sui convogli di rifornimento dell'Asse, consentendo di passare all'offensiva in Cirenaica: alla fine di gennaio un nuovo contrattacco italo-tedesco scacciò i britannici da El-Agheila, riconquistò Bengasi; tra il 26 maggio e il 21 giugno la battaglia di Ain el-Gazala vide la riconquista di Tobruk e la cacciata dei britannici dalla Libia. Gli italo-tedeschi proseguirono l'avanzata, cogliendo una nuova vittoria nella battaglia di Marsa Matruh alla fine di giugno e spingendosi quindi fino alla località di El Alamein che costituiva l'ultimo ostacolo prima del Cairo. la prima battaglia di El Alamein vide le forze dell'Asse stremate per l’avanzata e lontanissime dai loro depositi di rifornimento. A settembre attaccò il fronte britannico e ancora una volta gli italo-tedeschi furono bloccati. La seconda battaglia di El Alamein ebbe luogo tra il 23 ottobre e il 3 novembre 1942, la Eighth Army sfondò il fronte tedesco, facendo migliaia di prigionieri. L'8 novembre 1942 truppe statunitensi e britanniche lanciarono l'operazione Torch sbarcando in Marocco e Algeria: le forze della Francia di Vichy opposero poca resistenza prima di unirsi alle forze alleate. Gli italo-tedeschi occuparono la Francia meridionale (operazione Anton), ma a Rommel non restò che ordinare una lunga ritirata fino in Tunisia, abbandonando l'intera Libia in mano ai britannici. La campagna del Nordafrica ebbe una svolta nell'autunno successivo; i britannici vinsero la seconda battaglia di El Alamein costringendo le forze italo-tedesche ad evacuare definitivamente la Libia; Tripoli cadde il 23 gennaio 1943. Con l'afflusso di altre truppe italo-tedesche in Tunisia si riuscì a fermare temporaneamente l'avanzata alleata, la situazione delle forze dell'Asse precipitò nella primavera 1943. Privi di rifornimenti ed in schiacciante inferiorità numerica e materiale, le forze italo-tedesche si arresero il 13 maggio 1943, mettendo fine alla campagna del Nordafrica.

 

I Balcani

Il 28 ottobre 1940 l’Italia attaccò la Grecia dalle basi dell’Albania. L’attacco era mosso dal solo desiderio del Duce di avere successi militari paragonabili a quelli di Hitler. L’attacco fu organizzato frettolosamente con mezzi e truppe insufficienti e fu sferrato in condizioni atmosferiche pessime, l’azione si rivelò molto più complessa di quella prevista: i greci non solo si difendevano orgogliosamente ma, sfruttando il territorio, respinsero le truppe e contrattaccano. Intervennero anche i britannici inviando i Greci dei reparti della RAF. Ciò fece preoccupare i tedeschi perché gli aerei inglesi erano sopra i campi petroliferi rumeni da cui si rifornivano. Il 6 aprile 1941 l’Asse iniziò l’invasione della Jugoslavia, la Luftwaffe bombardò Belgrado e le truppe assieme ai carri si riversarono in Romania e in Austria. Belgrado fu occupata il 12 aprile e i comandi Jugoslavia firmarono la resa il 17. In contemporanea all’attacco alla Jugoslavia le truppe tedesche iniziarono anche l’invasione greca: lo schieramento anglo-greco fu sorpassato dai panzer tedeschi attraversando la Macedonia e il 27 aprile Atene cadde in mano alla Germania nazista. La campagna finì con la battaglia di Creta che durò dal 20 maggio al 1° giugno. La vittoria delle potenze dell'Asse nei Balcani non segnò la fine della guerra in quei luoghi. Già da giugno 1941 un movimento insurrezionale in Jugoslavia mise subito in difficoltà gli occupanti. Gli insorti si divisero in due schieramenti: i partigiani comunisti di Josip Broz Tito e quelli nazionalisti di Draža Mihajlović. Iniziò. parallelamente alla lotta contro gli occupanti, una sanguinosa guerra civile tra comunisti e nazionalisti.

 

Operazione Barbarossa

La decisione di Hitler di rompere il patto Molotov-Ribbentrop e di attaccare l'Unione Sovietica nacque da motivazioni ideologiche-razziali volte alla costituzione di uno "spazio vitale" per la nazione tedesca; si aggiunsero anche complesse motivazioni strategiche, politiche ed economiche. L'Unione Sovietica era impegnata a ricostruire e riorganizzare le forze militari, migliorando gli armamenti e le tattiche; prevedendo un attacco per il 1942. L'operazione Barbarossa iniziò il 22 giugno 1941 con un attacco simultaneo su tutti i fronti; l'obiettivo era di occupare l'intera Unione Sovietica occidentale sottomettendo, sterminando o deportando le popolazioni locali e riducendo i territori a zone di colonizzazione e sfruttamento per i tedeschi. Stalin fu colto di sorpresa; oltre 3 milioni di soldati tedeschi con 3350 carri armati e 2.000 aerei si mossero all'attacco su un fronte di 1600 chilometri. Le forze tedesche, divise in tre gruppi d'armate (Nord, Centro e Sud), avanzarono subito per decine di chilometri nelle retrovie delle truppe sovietiche ferme al confine. Le comunicazioni sovietiche erano interrotte, le incursioni aeree tedesche devastarono depositi e centri di comando. Mentre le prime linee sovietiche si battevano disordinatamente, i corazzati tedeschi manovravano per accerchiare le forze nemiche; i tedeschi avanzarono negli Stati Baltici avvicinandosi a Leningrado, accerchiarono tre armate sovietiche a Minsk-Bialystok e avanzarono in Ucraina verso Žitomir e Kiev dopo aver infranto la resistenza sovietica nella battaglia di Brody-Dubno. Superata Minsk, i tedeschi procedettero verso Mosca accerchiando il secondo scaglione sovietico nel corso della battaglia di Smolensk a metà luglio. Nel frattempo, i tedeschi si mossero su Leningrado raggiungendo il lago Ladoga l'8 settembre; la città fu tagliata fuori e posta sotto assedio, con i tedeschi che puntavano a farla cadere per fame. In Ucraina la resistenza sovietica in difesa fu invece più dura, rallentando l'avanzata tedesca; sorsero contrasti all’interno dell’alto comando tedesco su quale dovesse essere l'obiettivo della campagna: il generale Franz Halder, premeva per lanciare i panzer alla volta di Mosca, ma Hitler ritenne più importante annientare l'Armata Rossa. Dopo il successo di Smolensk, il Gruppo d'armate Centro in marcia su Mosca fu privato di gran parte delle sue forze corazzate, spedite in Ucraina come rinforzo; ciò consentì ai tedeschi di chiudere due enormi sacche a Uman' tra luglio e agosto e poi a Kiev tra agosto e settembre. Forze tedesche si diressero quindi alla volta della Crimea, di Char'kov e di Rostov sul Don, completando l'occupazione dell'intera Ucraina. Il 30 settembre i tedeschi sferrarono la loro grande offensiva per prendere Mosca: i corazzati penetrarono subito le cinture difensive sovietiche e progredirono con grande velocità chiudendo altre due grandi sacche a Brjansk e Vjaz'ma il 7 ottobre. Stalin decise di rimanere nella capitale e organizzarne la difesa, richiamando da Leningrado il generale Georgij Žukov e schierando numerose divisioni ben equipaggiate dalla Siberia dove erano certi che il Giappone non avrebbe mai attaccato. L'intervento di queste truppe scelte, le capacità di Žukov e anche l'arrivo dell'autunno fangoso fermarono la marcia tedesca sulla capitale a fine ottobre. Gli ultimi tentativi tedeschi, iniziati il 16 novembre, nonostante qualche successo iniziale fallì di fronte alla solida resistenza sovietica e al progressivo peggioramento del clima. Stalin e Žukov disponevano ancora forze efficienti e ben equipaggiate per l'inverno con cui sferrarono il 5 dicembre un improvviso contrattacco sia a nord che a sud di Mosca contro le avanguardie tedesche, ormai bloccate dal gelo. L'azione fu inaspettata per le truppe tedesche: in mezzo alle intemperie invernali i sovietici liberarono molte importanti città attorno a Mosca e respinsero i tedeschi. La Wehrmacht subì la sua prima pesante sconfitta della guerra. L'operazione Barbarossa si concluse quindi alla fine dell'anno con un fallimento: l'Unione Sovietica non era crollata ed era passata al contrattacco. I tedeschi furono costretti a combattere una dura battaglia difensiva invernale, in una situazione a sfavore della Wehrmacht. 

 

Il fronte orientale

Sul fronte orientale il 1942 iniziò con una serie di offensive sovietiche invernali. Dopo la vittoriosa battaglia di Mosca l'Armata Rossa proseguì la sua avanzata soprattutto a ovest della capitale. I tedeschi si trovarono spesso in difficoltà, persero parecchio terreno, ma non crollarono: Ržev e Vjaz'ma divennero capisaldi tedeschi sulla via di Mosca e le due sacche di Demjansk e Cholm furono difese dalle truppe accerchiate che resistettero fino a primavera quando vennero liberate. Il 28 giugno 1942 la Wehrmacht ricominciò l'offensiva puntando verso sud-est. Dopo alcune rilevanti vittorie iniziali ebbe inizio la spinta decisiva in direzione del fiume Don, del Volga e del Caucaso. La Wehrmacht per alcuni mesi sembrò trionfare e avvicinarsi alla vittoria definitiva: i tedeschi occuparono Rostov il 23 luglio aprendosi la via per il Caucaso. Hitler impose di accelerare i tempi lanciando un'avanzata contemporanea sia verso il Volga e il grande centro industriale di Stalingrado, sia verso il Caucaso e i pozzi di petrolio di Groznyj e Baku. Il 17 luglio i tedeschi diedero inizio al loro assalto a Stalingrado. Il 23 agosto i tedeschi raggiunsero le rive del Volga ma la resistenza sovietica fu tenace: tutte le risorse della città furono mobilitate per contrastare i tedeschi, rimasti invischiati in una violenta battaglia urbana. Contemporaneamente anche nel Caucaso l'avanzata tedesca si fermò alle porte di Groznyj, di Tbilisi e di Tuapse a causa delle intemperie, del terreno e della difesa sovietica.

 

Stalingrado

 A metà novembre 1942 i tedeschi erano incagliati in un sanguinoso scontro a Stalingrado, bloccati nel Caucaso e ridotti alla difensiva su tutto il fronte orientale. Hitler decise di mantenere le posizioni raggiunte perché riteneva l'Armata Rossa indebolita e incapace di offensive su ampia scala. Al contrario Stalin e i suoi generali avevano cominciato a organizzare grandi controffensive, con lo scopo di ottenere una vittoria decisiva e rovesciare completamente l'equilibrio sul fronte orientale. Il 19 novembre 1942 i sovietici lanciarono l'Operazione Urano: in quattro giorni i corpi corazzati e meccanizzati sovietici travolsero le difese tedesco-rumene sul Don e sbaragliarono le Panzer-Division che furono sconfitte per la prima volta in tutta la guerra dalle forze dell’Armata Rossa. Il 23 novembre accerchiarono completamente la 6ª Armata tedesca bloccata a Stalingrado. L'eliminazione della sacca fu portata avanti dai sovietici nei primi mesi del 1943 per concludersi definitivamente il 2 febbraio 1943. 

 

La ritirata tedesca in Russia

L'operazione Urano non fu l'unica offensiva sovietica. Tra il 25 novembre e il 16 dicembre 1942 l'Armata Rossa attaccò nel settore di Ržev, ma fallì, ebbe più successo l'operazione Piccolo Saturno nel settore del Don tra il 16 e il 30 dicembre: l'8ª Armata italiana furono costretti a una difficile ritirata attraverso la steppa gelata inseguiti dalle colonne corazzate nemiche. A metà gennaio 1943 l'Armata Rossa colpì sull'alto Don; il Corpo d'armata alpino italiano, rimasto isolato dalle offensive sovietiche sul Don, dovette ritirarsi in mezzo alla neve perdendo migliaia di soldati. I comandi sovietici puntarono a respingere il nemico prima del disgelo primaverile. Le vittorie sovietiche continuarono: a fine gennaio furono ristabiliti i collegamenti terrestri con Leningrado assediata, il 2 febbraio liberarono Kursk e Char'kov; i tedeschi dovettero sgombrare il Caucaso per evitare di rimanere tagliati fuori dall'avanzata dell'Armata Rossa su Rostov, riconquistata il 14 febbraio. L'Armata Rossa era esausta dopo tre mesi di offensive ed inseguimenti, con i reparti stanchi e gravi carenze logistiche. I comandanti sottovalutarono le difficoltà e i pericoli: i tedeschi trovarono la loro efficienza e si affrettarono a organizzare una controffensiva. Il 19 febbraio, le Panzer-Division tedesche contrattaccarono a Char'kov riguadagnando la linea del Donec e del Mius. A metà marzo, con l'arrivo del disgelo primaverile, le operazioni si fermarono e il fronte si stabilizzò. 

 

Gli ultimi attacchi ad oriente

Hitler, scosso dalla catastrofe di Stalingrado e dalle sconfitte subite in Africa settentrionale, mostrò indecisione nella pianificazione, rinviò più volte l'offensiva per dare tempo all'industria bellica di rifornire la Wehrmacht. L'Armata Rossa ebbe tutto il tempo di prepararsi: il saliente di Kursk fu riempito di mine anticarro e cannoni anticarro sovietici, trasformandosi in autentica trappola per la Wehrmacht. Il 5 luglio iniziò l’attacco tedesco, ne seguirono otto giorni di battaglia durissima tra i panzer tedeschi e le difese anticarro e i carri sovietici. Il 12 luglio i tedeschi non erano più in grado di insistere nell'attacco, nello stesso momento i sovietici passarono a loro volta all'attacco nella regione di Orël e sul Mius. I tedeschi dovettero rinunciare definitivamente all'iniziativa a est iniziando la ritirata. Il 12 luglio i sovietici attaccarono Orël a nord di Kursk, il 3 agosto passarono all'attacco anche a Belgorod. I tedeschi organizzarono continui contrattacchi delle Panzer-Division. L'avanzata sovietica fu inarrestabile: il 5 agosto fu liberata Orël, il 23 agosto la quarta battaglia di Char'kov si concluse con la vittoria sovietica, ai primi di settembre crollò il fronte sul Mius. Ebbe così inizio l’offensiva del basso Dnepr, con le truppe sovietiche all'inseguimento dell'esercito tedesco in ritirata che tentava di attestarsi sul fiume. Kiev fu liberato il 6 novembre con una manovra aggirante delle truppe corazzate sovietiche. Anche più a sud i sovietici liberarono progressivamente Dnipropetrovsk, Zaporižžja e Kremenčuk. A nord, nella regione centrale, l'Armata Rossa passò all'offensiva e liberò Brjansk il 17 settembre e Smolensk il 25. L'Armata Rossa concluse l'anno con un pieno successo. L'esercito tedesco era stato gravemente danneggiato, gran parte delle regioni dell'URSS occupate erano state liberate e l'offensiva invernale prometteva nuovi successi.

 

L’offensiva invernale sovietica

L'Armata Rossa riprese la sua offensiva il 24 dicembre 1943. I sovietici progredirono nel tentativo di schiacciare le forze tedesche sulla costa del Mar Nero. La resistenza tedesca riuscì a frenare l'avanzata, ma le truppe lasciate sul Dnepr di Kaniv furono accerchiate e distrutte dopo la terribile battaglia di Korsun', terminata il 18 febbraio 1944. Ciò facilitò la successiva avanzata dello schieramento meridionale sovietico: a sud furono liberate Kryvyi Rih il 22 febbraio, e Nikopol' l'8 febbraio. A Kam"janec'-Podil's'kyj i carri armati dei marescialli Ivan Stepanovič Konev e Žukov riuscirono a chiudere in una sacca la 1a Panzerarmee il 28 marzo; l'armata accerchiata riuscì a uscire dalla sacca e a trarsi in salvo il 4 aprile lasciando l'intera Ucraina in mano ai sovietici. A nord i sovietici ruppero la presa tedesca su Leningrado il 26 gennaio; l'Armata Rossa progredì verso gli Stati baltici fino a raggiungere la linea Pskov-Narva ancora saldamente tenuta dai tedeschi. A costo di spaventose perdite per l'Armata Rossa le forze dell'Asse erano state sconfitte con quasi 1 milione di perdite durante l'inverno 1943-44. 

 

Le azioni giapponesi

Lo scoppio della guerra nel settembre 1939 aveva spiazzato il Giappone. Con il patto Molotov-Ribbentrop rendeva impossibile una guerra contro l'Unione Sovietica, benché il Giappone avesse riaffermato la sua alleanza con Germania e Italia firmando il patto tripartito, il 13 aprile 1941 venne firmato a Mosca un patto nippo-sovietico di non aggressione, che i giapponesi mantennero anche dopo l'inizio dell'attacco tedesco all'URSS. Con le potenze europee impegnate nella guerra contro la Germania le loro colonie nel Sud-est asiatico si ritrovarono quasi del tutto indifese, ed erano territori di importanza strategica per il Giappone perché ricchi di materie prime e perché fondamentali per sostenere la resistenza della Cina. Nel luglio 1940 il primo ministro Mitsumasa Yonai fu costretto alle dimissioni, lo sostituì con Fumimaro Konoe, che era d'accordo con i piani di un'espansione verso il Sud-est asiatico. I tempi per realizzare questo piano erano ristretti: lo scoppio della guerra in Europa aveva portato a un riarmo navale degli Stati Uniti in funzione difensiva; la realizzazione di questo riarmo intaccava la superiorità navale giapponese nel Pacifico obbligando Tokyo a mettere in mozione i suoi piani di espansione il prima possibile. Tra il 24 e il 26 settembre 1940 le truppe giapponesi ottennero il permesso dalle autorità francesi di stabilire una guarnigione e di costruire basi militari nel nord dell'Indocina. Il 29 luglio 1941 i giapponesi completarono la loro occupazione dell'Indocina ottenendo da Vichy la cessione della base navale della baia di Cam Ranh, degli aeroporti a Saigon; le autorità coloniali furono mantenute, ma erano state private dei loro poteri reali. Dopo l’inizio dell'operazione Barbarossa nel giugno 1941 il governo giapponese prese la decisione di condurre la sua guerra di espansione. Le manovre nipponiche trovarono un'ostilità sempre più grande del governo statunitense: già nel luglio 1940 sono iniziate delle restrizioni al commercio tra le due nazioni, nel luglio 1941 il presidente Roosevelt decretò il congelamento dei beni nipponici presenti negli Stati Uniti e l’arresto totale delle esportazioni di petrolio verso il Giappone. Queste misure furono devastanti per l'economia giapponese forzando il governo ad agire. L'ammiraglio Isoroku Yamamoto ideò un piano ambizioso: per dare tempo alle forze giapponesi di occupare l'Asia orientale e stabilire un perimetro difensivo lungo il Pacifico, la flotta statunitense doveva essere resa inoffensiva nelle prime ore di guerra con un attacco aereo a sorpresa contro Pearl Harbor nelle Hawaii. L'attacco venne sferrato il 7 dicembre 1941 e ottenne un grande successo, anche se le portaerei statunitensi evitarono danni perché lontane da Pearl Harbor, tutte le navi da battaglia della United States Pacific Fleet furono colpite e neutralizzate. Il giorno dopo gli USA dichiararono guerra al Giappone, furono seguiti dall’Inghilterra e le nazioni alleate, e l'11 dicembre Germania e Italia dichiararono a loro volta guerra agli Stati Uniti. L'attacco a Pearl Harbor fu seguito da un serie di offensive simultanee contro i possedimenti statunitensi ed europei nell'Asia orientale. I giapponesi invasero e occuparono Guam il 10 dicembre e l'Isola di Wake il 23. Un pesante attacco aereo distrusse al suolo gran parte delle forze aeree statunitensi nelle Filippine, e fu seguito dallo sbarco dei reparti giapponesi su Luzon il 22 dicembre; le forze statunitensi nell'arcipelago dovettero abbandonare Manila in mano al nemico il 2 gennaio 1942 e ripiegare sulla piazzaforte di Bataan, dove rimasero assediate. Mentre alcune unità attaccavano Hong Kong, l'8 dicembre 1941 delle truppe giapponesi invasero la Thailandia, dove il governo dittatoriale si affrettò a siglare un trattato di alleanza. L'affondamento delle unità della Royal Navy aprì la Malesia britannica e la sua strategica piazzaforte di Singapore all’invasione giapponese. La battaglia di Singapore si concluse il 15 febbraio 1942 con la resa delle forze anglo-indiane. L’11 gennaio 1942 i giapponesi invasero il Borneo olandese e l'isola di Celebes proseguendo verso Timor e Sumatra in una grande manovra a tenaglia contro l'isola centrale di Giava. Le forze alleate tentarono di organizzare una resistenza ma furono sconfitte nella battaglia del Mare di Giava il 27 febbraio consentendo lo sbarco delle truppe giapponesi su Giava e la resa della sua guarnigione il 12 marzo. Il 20 gennaio truppe giapponesi avevano dato il via all'invasione della Birmania, mossa strategica per difendere le recenti conquiste nel sud-est asiatico e interrompere i rifornimenti bellici ai cinesi, la Birmania fu in mano ai giapponesi entro il maggio seguente. L'offensiva giapponese stava arrivando all'Australia: il 23 gennaio truppe nipponiche occuparono Rabaul trasformata in un'importante base navale e area. Il 19 febbraio le portaerei giapponesi bombardarono il porto di Darwin a ciò seguì lo sbarco di alcuni reparti sulla costa nord-orientale della Nuova Guinea. Tra il marzo e l'aprile 1942 i porti di Colombo e Trincomalee furono bombardati, il traffico mercantile nel Golfo del Bengala venne sconvolto e la Eastern Fleet britannica dovette fuggire dopo aver perso una portaerei e due incrociatori. L'azione fu l'apice dei successi giapponesi. Il 18 aprile i bombardieri dell'esercito statunitense compirono la prima incursione aerea su Tokyo e altre città del Giappone, l'azione dimostrò che difesa nel Pacifico non era sufficientemente ampia per evitare la guerra in patria, e che le portaerei statunitensi sopravvissute a Pearl Harbor costituivano la principale minaccia per la supremazia bellica del Giappone. Tra il 4 e l'8 maggio iniziarono gli scontri della battaglia del Mar dei Coralli: l'intero scontro si risolse in una serie di azioni navi-contro-aerei. Alla fine di luglio le truppe giapponesi sbarcarono sulla costa nord-orientale della Nuova Guinea e avanzarono attraverso i Monti Owen Stanley; ne seguì la campagna della pista di Kokoda, contro le forze australiane che difendevano i passi montani. Alla fine gli australiani, sostenuti da contingenti statunitensi, bloccarono e respinsero le forze giapponesi. Nel frattempo, la maggior parte della flotta giapponese aveva come obiettivo l'occupazione dell'atollo di Midway, primo passo per un attacco anfibio alle Hawaii; Yamamoto sperava di spingere gli statunitensi a impiegare tutte le loro portaerei, dandogli l'opportunità di affrontarle in uno scontro diretto e abbattere. Gli statunitensi erano tuttavia perfettamente al corrente della mossa nemica grazie alla decifrazione dei codici crittografici giapponesi e il comandante delle forze statunitensi nel Pacifico tese un'imboscata ai giapponesi. La battaglia delle Midway tra il 4 e il 6 giugno 1942 rappresentò il punto di svolta della guerra nel Pacifico: le quattro portaerei dell'ammiraglio Nagumo furono sorprese dai bombardieri statunitensi con gli aerei ancora fermi sui ponti e colate a picco nel giro di pochi minuti. Lo sbarco anfibio a Midway fu annullato e i giapponesi si ritirarono. I giapponesi furono costretti a rinunciare ad altre mosse offensive nel Pacifico e a prepararsi alle controffensive alleate. Il 7 agosto truppe dei marines occuparono parte dell'isola di Guadalcanal, dove i giapponesi stavano allestendo una base aerea. Mentre a terra i marines facevano la loro prima esperienza di combattimento su vasta scala, in mare le flotte si affrontarono in ripetuti scontri aeronavali. Il logoramento delle risorse belliche si rivelò insostenibile per i giapponesi, che alla fine dovettero ordinare il ritiro dei loro reparti da Guadalcanal per concentrarsi a difendere la base di Rabaul più a nord; la campagna si concluse il 9 febbraio 1943 con una vittoria per gli statunitensi. Nel febbraio 1943, con l’abbandono di Guadalcanal, si mosse subito un'avanzata delle forze alleate nelle Isole Salomone. Mentre in mare e in aria continuavano gli scontri, i reparti terrestri alleati si trovarono alle prese con due campagne: la campagna della Nuova Georgia tra il giugno e l'agosto 1943, e la campagna di Bougainville tra novembre e la conclusione della guerra. La difficoltà nello sconfiggere le guarnigioni giapponesi e le enormi perdite spinsero gli Alleati a ideare una nuova strategia: dovevano aggirare le forze giapponesi conquistando le isole vicine e infine renderle inoffensive tramite bombardamenti aerei e navali periodici. Allontanata la minaccia da Port Moresby, anche in Nuova Guinea gli Alleati erano all'avanzata: le truppe statunitensi e australiane respinsero i giapponesi dalla Nuova Guinea orientale tra il novembre 1942 e il gennaio 1943, per poi avanzare lungo la costa settentrionale fino a scacciare i giapponesi dalle loro basi principali di Lae e Salamaua tra aprile e settembre. Nei primi 18 mesi di guerra, i giapponesi avevano retto a stento contro una flotta statunitense, dalla seconda metà del 1943 iniziarono a entrare in massa le nuove unità costruite dopo Pearl Harbor. Questa enorme disponibilità navale consentì ai comandi statunitensi di allestire una seconda grande flotta con cui condurre una grande avanzata nel Pacifico centrale. I primi obiettivi furono le Isole Gilbert e le Isole Marshall. Tra il 20 e il 23 novembre 1943 i marines diedero l'assalto all'atollo di Tarawa. L'offensiva nelle Marshall continuò con la conquista di Kwajalein tra il 31 gennaio e il 3 febbraio 1944 e di Eniwetok tra il 17 e il 23 febbraio Truk fu neutralizzata con una serie di bombardamenti aerei. Dopo l'isolamento di Truk la flotta nipponica si era rifugiata a Singapore al sicuro dalle incursioni aeree statunitensi ma lontano per difendere il Pacifico meridionale. Ne approfittò MacArthur, che tra febbraio e maggio 1944 occupò le isole dell'Ammiragliato per poi, ad aprile, avviare la liberazione della Nuova Guinea occidentale. I bombardieri statunitensi avevano condotto alcune incursioni contro obiettivi strategici giapponesi, puntarono alla conquista delle Isole Marianne nel Pacifico occidentale, dove potevano essere allestite basi aeree per i nuovi bombardieri. Il 15 giugno iniziò la campagna delle Marianne, gli statunitensi attaccarono l'isola di Saipan, poi sbarcarono a Guam il 21 luglio e a Tinian il 24 luglio. La minaccia degli sbarchi nelle Marianne non sfuggì al comando nipponico e la flotta da battaglia fu dirottata per fronteggiare questa nuova minaccia. Tra il 19 e il 20 giugno le flotte si affrontarono nella battaglia del Mare delle Filippine. Le operazioni nelle Marianne si conclusero entro i primi di agosto con la sconfitta delle guarnigioni nipponiche. Lo sbarco nelle Filippine iniziò il 20 ottobre con l'assalto all'isola di Leyte, la perdita dell'arcipelago avrebbe tagliato fuori il Giappone dai pozzi petroliferi. Tra il 23 e il 26 ottobre alcune azioni giapponesi portarono alla battaglia del Golfo di Leyte: i giapponesi furono sconfitti. Da aprile e fino a dicembre i giapponesi attaccarono la Cina meridionale, l'operazione Ichi-Go rappresentò l'ultima grande vittoria giapponese, furono occupate zone nello Henan, Hunan e Guangxi, il Kuomintang fu umiliato per la sua incapacità nel difendere la popolazione. Nel frattempo, i giapponesi passarono all'offensiva anche sulla Birmania: nel marzo 1944 i reparti giapponesi lanciarono una vasta offensiva in Assam, sia per occupare gli aeroporti sia per scatenare una rivolta in India. Le truppe anglo-indiane riuscirono a bloccare l'offensiva giapponese, finché l'arrivo del monsone in giugno non provocò il crollo delle linee di approvvigionamento nipponiche. A seguito di questo successo per gli Alleati, in agosto le forze cinesi riconquistarono Myitkyina. Dopo aver completato l'occupazione di Leyte a dicembre 1944, le forze di MacArthur sbarcarono a Luzon il 9 gennaio 1945 e il 3 marzo liberarono Manila dopo una sanguinosa lotta casa per casa. In Birmania, i reparti anglo-indiani valicarono il corso dell'Irrawaddy il 14 gennaio: il nucleo delle forze nipponiche in Birmania finì annientato nel corso della battaglia di Meiktila e Mandalay entro la fine di marzo, e la campagna si concluse con la conquista britannica di Rangoon il 3 maggio. A febbraio una grande flotta statunitense compì un'incursione lungo le coste del Giappone. Mentre le portaerei e le navi da battaglia battevano le città costiere giapponesi, la flotta di sommergibili statunitensi aveva bloccato le importazioni navali nipponiche. A parte la gravissima mancanza di carburante e materie prime, ciò si tradusse in una devastante penuria di generi alimentari per la popolazione, le cui razioni medie calarono al 16% della dose considerata il minimo vitale. Il 19 febbraio i marines diedero l'assalto all'isola di Iwo Jima, per farne una base per i raid di bombardieri sulle isole giapponesi. Il 1 aprile gli americani sbarcarono sull'isola di Okinawa dando inizio  l'avanzata verso le isole del Giappone: la guarnigione giapponese resistette fino al 22 giugno prima di essere quasi completamente annientata. Già dagli scontri nelle Filippine nell'ottobre 1944, i giapponesi avevano costituito un reparto di piloti volontari da impiegare in missioni suicide: definiti come Kamikaze; negli ultimi mesi di guerra i giapponesi convertirono le tattiche kamikaze in interi squadroni. La furia suicida contagiò anche la Marina, che il 7 aprile fece salpare l'unica grande unità rimasta operativa, la corazzata Yamato: la nave doveva incagliarsi al largo di Okinawa e lottare fino alla fine con i suoi cannoni, ma fu abbattuta a metà strada da ripetute incursioni aeree. Era convinzione generale che solo un'invasione anfibia dello stesso Giappone avrebbe potuto mettere fine alla guerra in Asia.

Tornando indietro, nell'agosto 1939 Albert Einstein scrisse al presidente Roosevelt una lettera in cui sollevava l’ipotesi che la Germania nazista potesse impiegare fissione nucleare, scoperta da poco, per realizzare una bombao dalla potenza distruttiva mai vista prima. Questa lettera fu l’inizio della realizzazione di una bomba atomica. Il primo prototipo di una bomba atomica venne testato il 16 luglio 1945 e il presidente Harry Truman ne autorizzò immediatamente l'impiego contro il Giappone.

Il 6 agosto il bombardiere B-29 Enola Gay sganciò una bomba all'uranio sulla città giapponese di Hiroshima: tre quarti della città furono distrutti e 78.000 persone morirono all'istante. Il 9 agosto  il B-29 BOCKSCAR sganciò una bomba al plutonio sulla città di Nagasaki: due quinti dell'abitato furono spazzati via e le vittime immediate furono 35.000; ma,come per Hiroshima, molte migliaia di persone morirono nei giorni seguenti per ustioni e avvelenamento da radiazioni. L'8 agosto l'Unione Sovietica dichiarò guerra al Giappone e un milione e mezzo di soldati iniziarono l'invasione della Manciuria. Gran parte della Manciuria cadde in mano sovietica entro il 19 agosto e operazioni anfibie portarono all'occupazione di Sachalin e delle isole Curili entro i primi di settembre. Il governo giapponese non poté fare altro che arrendersi. Nel corso di una riunione nella notte tra il 9 e il 10 agosto l'intervento dell’imperatore Hirohito, nonostante avesse lasciato lasciato il comando della guerra ai suoi ministri ultra-militaristi, fu determinante nel convincere il gabinetto imperiale ad accettare la resa incondizionata, e il 15 agosto Hirohito in persona lesse alla radio l'annuncio dell'accettazione dei termini di resa formulati dagli Alleati. Il 2 settembre ci fu la firma dell'atto di capitolazione del Giappone.

 

Il secondo fronte

Nel gennaio 1942 Churchill e Roosevelt si incontrarono a Washington. L'incontro servì a definire le priorità belliche degli Alleati, e in particolare il fatto che la Germania dovesse essere sconfitta prima del Giappone, per ottenere questo risultato, si ritenne essenziale progettare l'invasione dell'Europa occidentale da parte delle forze anglo-statunitensi. Il problema di un "secondo fronte" in Europa occidentale, che attirasse e lacerasse una parte della Wehrmacht alleviando la pressione sui sovietici, era sorto fin dai primi contatti tra Stalin e Churchill nel luglio 1941: gli Stati Uniti erano ancora intenti a mobilitare e armare le loro forze mentre i britannici dovevano ancora riorganizzare il loro esercito dopo le disfatte tra il 1940 e il 1941. Non per questo gli Alleati occidentali rinunciarono ad appoggiare i sovietici: furono aumentati i bombardamenti sulle città tedesche per scuotere il morale dei civili e distruggere l'industria bellica del Reich, furono organizzate piccole operazioni e incursioni per tenere in uno stato di continua tensione i reparti tedeschi schierati a difesa dell'Europa occupata. La più grande di queste incursioni fu il raid su Dieppe del 19 agosto 1942: reparti anglo-canadesi puntarono a occupare il porto di Dieppe in Francia per 48 ore e poi ritirarsi dopo aver demolito le installazioni strategiche. L'operazione tuttavia si concluse con un grave insuccesso. L'esperienza di Dieppe insegnò che non sarebbe stato possibile invadere la Francia attaccando direttamente un porto marittimo, ma che sarebbe stato necessario inventare nuove tattiche; il fallimento alleato a Dieppe mise in allarme Hitler, che diede ordine di costruire una lunghissima catena di fortificazioni difensive. L'aiuto più gradito dai sovietici furono i materiali ceduti per effetto del Lend-Lease e convogliati in URSS: gli anglo-statunitensi fornirono ai sovietici enormi quantitativi di materie prime e materiale logistico vitali per gli spostamenti strategici delle truppe dell'Armata Rossa. 

 

La battaglia dell'Atlantico

La battaglia dell'Atlantico fu la campagna militare navale e aerea che si protrasse più a lungo e con maggiore continuità durante la seconda guerra mondiale. Tra il 1942 e il 1943 se ne toccò l'apice: organizzati in gruppi d'attacco coordinati gli U-Boot tedeschi misero in difficoltà il commercio navale anglo-statunitense, estendendo le loro operazioni alle coste orientali degli Stati Uniti, al Mar dei Caraibi e al Golfo del Messico. La sfida posta dai tedeschi in Atlantico richiese l'impiego da parte degli anglo-statunitensi di risorse enormi. Il sistema delle scorte venne perfezionato, creando gruppi di "cacciatori" dediti alla ricerca degli U-Boot tramite radar, sonar e armi anti sommergibili; furono incrementati gli attacchi alle basi degli U-Boot in Francia e i pattugliamenti delle loro zone di transito. I primi mesi del 1943 videro alcune imponenti battaglie tra U-Boot e convogli alleati. Pur ottenendo ancora molti successi la Kriegsmarine dovette registrare un continuo incremento degli affondamenti di U-Boot fino a dover richiamare alla base la maggior parte delle unità nell’Atlantico in attesa di nuove tattiche e nuovi miglioramenti tecnologici. All'inizio del 1944 all’ammiraglio tedesco Dönitz non restò altro da fare che ammettere la sconfitta.

 

Campagna d’Italia

Dopo la capitolazione degli italo-tedeschi nella Campagna del Nord-Africa le operazioni su come proseguire erano oggetto di forti discussioni tra statunitensi e britannici: i primi volevano concentrare uomini e mezzi in vista di un'invasione della Francia, i secondi volevano iniziare un'offensiva nel Mediterraneo, nei Balcani e nel Mar Egeo. Il 9 luglio 1943 ebbe inizio lo sbarco in Sicilia dei reparti alleati: truppe britanniche, statunitensi e canadesi annientarono la resistenza delle forze italo-tedesche, costrette ad abbandonare l'isola il 17 agosto. La perdita della Sicilia fu un colpo mortale per il regime fascista italiano: Mussolini fu destituito dal re Vittorio Emanuele III e posto agli arresti, venne rimpiazzato dal maresciallo Pietro Badoglio. Si svilupparono subito complicate trattative sotterranee per giungere a una pace separata con gli Alleati; le trattative si conclusero con l’armistizio di Cassibile il 3 settembre, che le parti decisero di tenere segreto fino allo sbarco degli Alleati nella penisola italiana. Intanto sui campi di battaglia si continuava a combattere. I tedeschi si erano preparati a fronteggiare un possibile tradimento dell'Italia, e quando l'armistizio venne reso noto la sera dell'8 settembre scatenarono la loro rappresaglia: i tedeschi attaccarono e disarmarono le truppe italiane dislocate sia nella penisola sia nei territori francesi occupati, Jugoslavia e Grecia; privi di organizzazione, che avrebbe dovuto essere dettata dall'alto comando fuggito da Roma con il re e il governo, i reparti italiani vennero sopraffatti. I tentativi di opposizione organizzata furono sconfitti e spesso si concludevano in esecuzioni di soldati italiani da parte dei tedeschi. Mussolini fu liberato dai tedeschi e posto a capo di un governo sedicente creato dall'invasore tedesco nell'Italia occupata, la Repubblica Sociale Italiana. Gli Alleati avevano dato il via all'invasione della penisola il 9 settembre: i britannici sbarcarono a Taranto e avanzarono in Puglia, gli statunitensi presero terra a Salerno dovendo fronteggiare l'opposizione dei reparti tedeschi. Dopo aver rallentato l'avanzata anglo-statunitense, i tedeschi ripiegarono sulle varie linee difensive degli Appennini Meridionali; alla fine dell'anno il fronte si stabilizzò sulla linea Gustav imperniata sulle difese di Cassino. L'avanzata era finita: gli anglo-statunitensi decisero di portare in secondo piano le operazioni nel Mediterraneo e di concentrare le forze principali sullo sbarco nella Francia settentrionale. Nonostante questa decisione notevoli operazioni furono portate avanti durante il 1944 con lo scopo di occupare Roma. Mentre gli anglo-canadesi avanzando lungo la costa adriatica vennero impegnati nella battaglia di Ortona; gli statunitensi, francesi, britannici e polacchi rinnovarono i loro attacchi alla piazzaforte di Cassino. La battaglia di Cassino si svolse per mesi a partire dal gennaio 1944, senza che gli Alleati riuscissero a far ritirare i tedeschi dalle postazioni che occupavano. Il 22 gennaio forze anglo-statunitensi sbarcarono sulla costa tra Anzio e Nettuno; gli Alleati si mossero con prudenza ma rischiarono comunque di essere ricacciati in mare dai contrattacchi tedeschi. Una serie di attacchi sferrati contemporaneamente sia a Cassino che ad Anzio consentirono di rompere il fronte tedesco a maggio e il 5 giugno i primi reparti alleati entrarono a Roma. Pur indeboliti gli Alleati proseguirono l'avanzata a nord liberando Ancona il 18 luglio e Firenze il 13 agosto. I tedeschi ripiegarono dietro la Linea Gotica, estesa da Massa a Pesaro: tra agosto e ottobre il primo assalto a questa linea portò ad alcune conquiste nel settore adriatico, ma l'inverno convinse gli Alleati a sospendere ogni ulteriore attacco.

 

Overlord

Il 6 giugno 1944 iniziò l'invasione della Francia attraverso il canale de La Manica: truppe statunitensi, britanniche e canadesi sbarcarono in Normandia cogliendo di sorpresa i tedeschi. Le settimane seguenti allo sbarco videro una serie di duri scontri: i primi tentativi di sfondamento furono respinti dalle divisioni corazzate tedesche e la città cadde solo il 9 luglio; nel mentre l’Armata statunitense riuscì ad avanzare nella penisola del Cotentin arrivando a conquistare il 1º luglio il porto di Cherbourg. Mentre gli anglo-canadesi rimanevano bloccati nella zona di Caen, gli statunitensi riuscirono alla fine di luglio a sfondare il fronte tedesco a Saint-Lô. Hitler ordinò un contrattacco che fu interrotto dopo soli quattro giorni a causa della superiorità aerea degli Alleati. Il 14 agosto l’Armata canadese sferrò un'offensiva verso Falaise e l'operazione Tractable portò alla fine di agosto alla chiusura della sacca di Falaise. Sconfitte le forze tedesche poste a difesa della Normandia le forze alleate poterono dirigersi verso Parigi, che venne liberata il 25 agosto. Il 15 agosto truppe francesi e statunitensi sbarcarono in Provenza suggellando la disfatta tedesca: mentre gli Alleati avanzavano verso Marsiglia e Lione, i tedeschi evacuarono l'intera Francia occidentale. Il 3 settembre i britannici entrarono a Bruxelles e l'11 settembre le truppe alleate raggiunsero il confine tedesco; nel frattempo i corazzati del generale Patton superarono la Mosa e la Mosella dopo aver sconfitto i tedeschi nel corso della battaglia di Nancy, raggiungendo quindi la Lorena.

 

L’operazione Bagration

Le forze sovietiche condussero una serie di operazioni periferiche ai due estremi del fronte orientale: a sud l'Armata Rossa riconquistò Sebastopoli il 9 maggio, mentre il 10 giugno attaccò il fronte finlandese in Carelia e ricacciò il nemico oltre la frontiera nel 1941. Il governo finlandese si affrettò a stipulare un 'armistizio con l’Unione Sovietica firmato il 19 settembre; seguirono scontri armati tra tedeschi e finlandesi in Lapponia. Il 22 giugno iniziò l'operazione Bagration. L'attacco venne sferrato in Bielorussia e ottenne pieno successo: i mezzi corazzati sovietici travolsero i capisaldi tedeschi di Vitebsk sulla Dvina il 26 giugno e di Bobruisk sulla Beresina il 27, quindi si diressero velocemente su Minsk. I tedeschi tentarono di rallentare l'avanzata, ma fu inarrestabile: Minsk venne liberata il 3 luglio. L'intero raggruppamento centrale tedesco crollò. Le colonne corazzate sovietiche presero Vilnius il 13 luglio e Kaunas il 1º agosto, liberarono Lublino il 23 luglio e Brest-Litovsk il 28 luglio. Fin dal 13 luglio, l'Armata Rossa passò all'attacco anche in Volinia; i carri armati sovietici liberarono Leopoli il 27 luglio. I tedeschi riuscirono a fermare l'avanzata sovietica verso il golfo di Riga, a contenere le teste di ponte sulla Vistola e ad arrestare l'avanzata su Varsavia. Il 1º agosto la resistenza polacca diede il via a una sollevazione a Varsavia; i tedeschi riuscirono a schiacciare l'insurrezione e a respingere le colonne corazzate sovietiche nella battaglia di Radzymin. L'Armata Rossa si trovò impossibilitata a continuare ad avanzare e dovette affrontare i contrattacchi tedeschi sulla Vistola, sul Bug e sul Narew. Il 22 luglio il Comitato Polacco di Liberazione Nazionale venne riconosciuto come il nuovo governo legittimo dall'URSS. Il 20 agosto le forze sovietiche sferrarono la terza grande offensiva dell'estate 1944; una nuova manovra si chiuse sullo schieramento tedesco-rumeno il 24 agosto. Il 23 agosto il re Michele I di Romania condusse un colpo di stato deponendo il regime fascista e il 12 settembre siglò un armistizio con l'URSS, il 9 settembre i comunisti bulgari condussero un colpo di stato a Sofia, facendo passare la Bulgaria al fianco degli Alleati. L'insurrezione slovacca alla fine di agosto fu schiacciata dalle forze tedesche, le quali occuparono l’Ungheria ad ottobre. Le residue forze tedesche ripiegarono attraverso i Carpazi e iniziarono ad abbandonare la Grecia e la Jugoslavia; Belgrado fu liberata il 20 ottobre dai sovietici.

 

Le ultime azioni di Hitler

A metà settembre l’avanzata degli Alleati sul fronte occidentale iniziò a rallentarsi. La decisione di Hitler di lasciare forti guarnigioni sui porti della costa occidentale francese e sullo stretto di Dover impedì agli anglo-statunitensi di disporre di scali dove scaricare i rifornimenti provocando un progressivo calo di rifornimenti alle armate sul campo. Questo rallentamento consentì ai tedeschi di radunare le forze e riprendersi. Il 17 settembre gli alleati lanciarono l'operazione Market Garden, un attacco combinato per occupare in una volta sola tutti i ponti strategici sul Reno e nei Paesi Bassi; l'operazione fallì quando i tedeschi negarono la conquista del ponte di Arnhem, impedendo lo sfondamento finale. Migliore fu la campagna canadese ad ottobre per liberare l'estuario del fiume Schelda: la battaglia della Schelda si concluse in novembre con la vittoria degli Alleati. Le forze statunitensi erano impegnate in scontri al confine franco-tedesco: dopo aver infranto un contrattacco tedesco nella battaglia di Arracourt alla fine di settembre, l’armata di Patton si ritrovò bloccata a Metz e nella Foresta di Hürtgen. L’armata statunitense di Courtney Hodges invece conquistò Aquisgrana ad ottobre. Nel frattempo, Hitler aveva preparato una grande controffensiva sul fronte occidentale per dicembre; lo scopo dell'attacco era quello di raggiungere il fiume Mosa, riconquistare Anversa, e chiudere in un'enorme sacca le forze alleate. L'offensiva tedesca scattò il 16 dicembre, cogliendo di sorpresa i comandi alleati: alcune colonne corazzate tedesche penetrarono in profondità, superando i deboli sbarramenti statunitensi, i panzer di testa giunsero in vista della Mosa il 24 dicembre. Tuttavia, grazie alla resistenza di alcuni reparti statunitensi assediati a Bastogne e alla scarsità di rifornimenti tedeschi gli Alleati poterono bloccare l'offensiva e passare al contrattacco: i tedeschi furono ricacciati indietro da nord nel corso della battaglia di Ciney, mentre a sud le forze corazzate di Patton liberarono Bastogne il 26 dicembre. A metà gennaio 1945 la battaglia era finita.

 

La fine della guerra

Tra il 1944 e il 1945 ebbero luogo in Ungheria duri scontri tra tedeschi e sovietici. Le colonne meccanizzate sovietiche accerchiarono Budapest il 27 dicembre 1944; l'assedio di Budapest si concluse il 13 febbraio 1945 quando le forze tedesche e ungheresi capitolarono. Le forze sovietiche più a nord iniziarono la marcia verso Berlino. L'ultima offensiva invernale dell'Armata Rossa iniziò il 12 gennaio sulla Vistola di Baranow e Sandomir contro le difese tedesche: le prime linee sulla Vistola vennero travolte, Varsavia cadde senza combattere e le riserve corazzate tedesche furono distrutte nella battaglia di Kielce. L'avanzata in Polonia fu rapidissima: il 17 gennaio venne raggiunta Częstochowa, il 19 Łódź e Cracovia, il 28 gennaio Katowice e il bacino industriale della Slesia; il 27 gennaio i soldati sovietici fecero il loro ingresso nel campo di concentramento di Auschwitz. Molto più complicata fu la battaglia per la Prussia Orientale, attaccata il 13 gennaio, tuttavia le colonne corazzate sovietiche raggiunsero la costa baltica presso Marienburg il 27 gennaio. Le navi della Kriegsmarine intervennero in aiuto delle truppe di terra ed eseguirono numerose evacuazioni di militari e civili in fuga. La fortezza di Königsberg fu attaccata il 1º aprile dalle forze sovietiche e conquistata il 9 aprile. Piccoli nuclei di resistenza tedeschi rimasero attivi fino alla capitolazione del Terzo Reich. Alla fine di gennaio l'Armata Rossa raggiunse il fiume Oder, l'ultimo ostacolo naturale prima di Berlino. Tuttavia le truppe sovietiche interruppero la loro avanzata: Stalin non voleva rischiare un balzo sulla capitale prima di aver messo al sicuro i fianchi dell'avanzata; durante febbraio e marzo l'Armata Rossa si impegnò nel rastrellamento della resistenza rimasta nelle retrovie e nella sconfitta delle forze nemiche in Pomerania e in Slesia. La Wehrmacht tentò anche alcune disperate controffensive senza riuscire però ad approdare a niente.

Dopo una fase di riorganizzazione e pianificazione gli Alleati poterono ricominciare l'offensiva; Hitler si oppose all'abbandono della Renania risultando all'annientamento delle migliori unità tedesche tra febbraio e marzo. Il 6 marzo gli statunitensi entrarono a Colonia e il 7 si impadronirono di un ponte sul Reno. Nella notte tra il 22 e il 23 marzo fu la 3ª Armata di Patton ad attraversare a sorpresa il Reno, il 24 arrivarono anche le forze di Montgomery. Dopo aver completato la liberazione della Francia a febbraio, i franco-statunitensi varcarono il Reno il 26 marzo. Il fronte tedesco a ovest cedette definitivamente: il 2 aprile gli anglo-statunitensi chiusero la sacca della Ruhr che si arrese il 21 aprile; i mezzi corazzati alleati entrarono nella Germania occidentale, contrastati solo da alcuni reparti fanatici di Waffen-SS e Hitlerjugend mentre la maggior parte dei tedeschi si arrese o iniziò la ritirata. Gli anglo-canadesi raggiunsero Brema e Amburgo il 2 maggio; i statunitensi raggiunsero Hannover il 10 aprile, il 13 Magdeburgo e il 14 Lipsia. Il generale Patton avanzò nell'alta Baviera verso la Cecoslovacchia, anche altre forze statunitensi e francesi penetrarono in Baviera dove il 19 aprile cadde Norimberga e il 2 maggio Monaco. L'esercito tedesco ad ovest aveva sesso di combattere. Il primo collegamento tra reparti sovietici e statunitensi avvenne quindi a Torgau il 25 aprile.

 

Le offensive anglo-statunitensi iniziarono in Italia dal 6 aprile: i britannici sfondarono il fronte sul lato adriatico, gli statunitensi avanzarono al centro su Bologna, liberata il 21 aprile; gli Alleati attraversarono il Po e si mossero verso nord. Il 25 aprile i partigiani italiani diedero il via a un'insurrezione di massa in tutta l'Italia settentrionale; Mussolini fu catturato dai partigiani e fucilato il 28 aprile. Il 27 aprile i delegati tedeschi si recarono al quartier generale degli Alleati per trattare; la resa di Caserta entrò in vigore il 2 maggio, ponendo fine alle ostilità in Italia. Gli anglo-statunitensi proseguirono verso l'Austria: Vienna fu conquistata dall'Armata Rossa il 13 aprile, e il 4 maggio sovietici e statunitensi si incontrarono nella regione di Linz. Il 16 aprile 1945 l'Armata Rossa sferrò la sua ultima offensiva generale, con obiettivo Berlino. Lo sfondamento decisivo, ottenuto con la forza bruta di migliaia di carri armati, fu ottenuto solo il 20 aprile. Hitler decise di rimanere in città e di organizzare la difesa. La battaglia casa per casa fu durissima e sanguinosa, i sovietici avanzarono da tutte le direzioni a costo di pesanti perdite. Hitler si suicidò nel suo bunker il 30 aprile, insieme alla moglie Eva Braun; lo stesso giorno in tarda serata i sergenti sovietici Meliton Kantaria e Michail Egorov issarono la bandiera della Vittoria sovietica sul tetto del Palazzo del Reichstag. La battaglia nel centro di Berlino si concluse il 2 maggio.

La capitolazione tedesca a ovest fu firmata dal generale Alfred Jodl il 7 maggio a Reims, la notte dell'8 maggio il feldmaresciallo Wilhelm Keitel firmò un secondo documento di resa incondizionata della Germania, ponendo fine alle ostilità in Europa.

 

 

© Copyright 2023 - Associazione Futura Memoria - Tutti i diritti riservati

Iscrizione Atto Dirigenziale n.3433. N° iscrizione 1073. 

 C.F.: 94218760489  PEC: afmemoria@pec.it

afmemoria

Cookie Policy              Privacy Policy

I contenuti di questo sito sono distribuiti con licenza Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.